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S. CARLO BORROMEO E L'INGLESE DON GIOVANNI HARRIS

E' noto che, mentre S. Carlo lavorava per la riforma del suo clero e del suo popolo e, vigile, s'adoperava a tener lontano l'eresia che s'insinuava alle porte della sua diocesi, la persecuzione contro il cattolicismo infieriva in Inghilterra sotto la regina Elisabetta. Molti sacerdoti inglesi dovettero cercare scampo sul continente: parecchi ne accolse S. Carlo, e li ascrisse al suo clero. Questi seppero corrispondere all'affetto e ai disegni del Santo Arcivescovo (1).
Fra questi ecclesiastici inglesi merita d'essere ricordato Giovanni Harris, il quale, appena ricevuta la sacra tonsura, dovette fuggire dalla patria per sottrarsi alla persecuzione. A Milano nel dicembre del 1567 ebbe gli ordini minori, e nel dicembre del 1569 fu consacrato prete.
Divenuta vacante l'insigne arcipretura collegiata di S. Giorgio in Cornate d'Adda, della Pieve di Pontirolo, - arcipretura fondata nel 690 dal re longobardo Cuniperto in memoria della vittoria riportata sui campi di Cornate contro il ribelle Alachi -, S. Carlo, che nella sua visita pastorale di pochi anni prima (20 settembre 1566) aveva constatato l'estremo bisogno che a quella arcipretura presiedesse un sacerdote buono e zelante, mise gli occhi sull'Harrisio, per quanto ancor giovane d'anni. Infatti il 2 luglio del 1570 all'Harrisio fu conferita l'arcipretura di S. Giorgio dal Vicario Generale Mons. Castelli, e col 29 di settembre il nuovo arciprete incominciò a risiedere nella cura.
L'Harrisio trovò la parrocchia in uno stato deplorevole. Dei canonici nessuno teneva la residenza; la chiesa con gli edifizi canonicali era mezzo rovinata e priva persino delle suppellettili più necessarie al culto; i beni ecclesiastici in parte usurpati dai laici (2). Il popolo era ignorante e superstizioso. Il culto si riduceva a festeggiare S. Lucia unicamente allo scopo di tener lontano o guarire dal mal d'occhi, S. Apollonia per il mal dei denti, S. Erasmo per la prosperità dei porci ecc.; era cosa comune far voti alla Madonna di Caravaggio, "nell'eseguire i quali usavasi lavare la testa"; far voto di non lavar panni in certi giorni ecc.; senza alcun riguardo poi si lavorava nei giorni festivi. All'Harrisio, proveniente da un popolo che rispettava assai i giorni del Signore, faceva pena questa condotta del suo gregge, e ne stese una relazione all'Arcivescovo, dove fra le altre cose osserva che "pochi sogliono mandare i suoi figli alla Messa, et alla dottrina X.na, ma li mandano fuori con li maiali". Naturalmente di ugual livello erano i costumi.
L'Harrisio si mise al lavoro con santo coraggio. Restaurò la chiesa, provvedendola di tutto il necessario; restaurò le case dei canonici, perché avessero a risiedere; rivendicò contro gli usurpatori le terre del beneficio. Ma più che tutto sì adoperò a far rifiorire la vera fede e i buoni costumi. Nella sua opera di restaurazione dovette lottare con qualche prepotente signorotto. L'Harrisio, già provato alla persecuzione in patria e sorretto dalla paterna e affettuosa parola di S. Carlo, col quale teneva corrispondenza per aver lumi, continuò imperterrito la sua via.
Il santo Arcivescovo prese a vieppiù apprezzare lo zelante arciprete. E infatti nel gennaio 1573 lo delega confessore dei sacerdoti e dei chierici del vicariato di Busnago e a vigilare sui medesimi, giacché parecchi poco o niun conto facevano degli ordini arcivescovili. C'erano dei sacerdoti - per non ricordar di peggio - che non sapevano celebrare la Messa, e alcuni curati che non tenevano il SS. Sacramento nelle loro chiese, scusandosi col dire di non poter per la povertà tener accesa la lampada (3).
S. Carlo il 17 settembre 1574 stimò opportuno sopprimere l'arcipretura collegiata di S. Giorgio e di aggregare dignità e rendite alla collegiata di S. Lorenzo in Milano, dove passò lo stesso Harrisio, non lasciando a Cornate che un prete curato coll'annua rendita di L. 425, la quale doveva venir corrisposta dal Capitolo di S. Lorenzo. Per l'Harrisio il nostro Santo Arcivescovo provvide affinché un insigne beneficio nel Belgio, al quale egli già da tempo aveva rinunciato, venisse conferito a pia persona, la quale poi pagasse determinata pensione all'arciprete di S. Lorenzo (4).


Sac. R. BERETTA


[Articolo apparso sulla rivista: La Scuola Cattolica (1910/luglio-agosto), pp. 313-314] - Numero dedicato a S. Carlo Borromeo nel III centenario della Canonizzazione.