home

Opera omnia

RECENSIONI

Castiglioni 1913

Anfosso 1913

Manaresi 1915

Codazzi 1915

Putelli 1915

Antona Traversi 1919

Adami 1919

Modorati 1924

Masnovo 1926

Adami 1926

Zimolo 1926
[Recensione apparsa sulla rivista Archivio Storico Lombardo, a. XLIII (1916/1-2) pp. 232-234]

CESARE MANARESI, I Registri Viscontei, Milano, Palazzo del Senato, MCMXV, (Orvieto, tip. M. Marsili), in gr. pr. LII -172 con una fototipia.

Il volume, in signorile e severa veste tipografica riproducente sulla copertina e nel frontespizio l'artistico stemma visconteo che fa parte del monumento di Azzone Visconti conservato presso il principe Trivulzio e intercalato di un fac-simile con belle miniature della prima pagina del registro n. 2 (Elias C.), si apre con una sobria e significativa dedica del sovrintendente conte comm. Luigi Fumi al Ministero dell'Interno, e con una dotta prefazione del dott. Cesare Manaresi alla cui attività e intelligenza si deve il lavoro.

La prefazione ci mostra il largo e profondo studio dell'autore nel preparare e condurre a termine il lavoro. Se è interessante per quello che ci narra intorno all’opera spiegata da Francesco Sforza per il ricupero degli atti de' suoi predecessori, spinto dalla necessità di rintracciare le carte o le copie di esse per poter ben governare lo Stato, poiché, come è noto, l'archivio visconteo conservato nel castello di porta Giovia andò distrutto alla morte di Filippo Maria, ed alle vicende storiche dei registri, lo è in particolar modo per le notizie che, nel preparare il volume e nel disbrigo dei doveri d'ufficio, ha potuto raccogliere sui notai che rogarono per i Visconti da Azzone a Filippo Maria, e per averci fatto conoscere altri quindici fascicoli, già riuniti in un registro e poi divisi e sparpagliati per le varie sedi dell’archivio, i quali contengono il sunto e talvolta la copia di atti viscontei politicamente assai importanti, e rimasti finora sconosciuti agli studiosi. E’ questo, nota giustamente il Manaresi, uno dei risultati più manifesti e più soddisfacenti dell'opera che si va compiendo nell'archivio di Stato in Milano per la reintegrazione dei fondi. E a proposito del quarto fascicolo, che si riferisce ad atti rogati dal notaio pavese Giovanni de Oliariis, l'A. ha trovato modo di discutere sulla data del celebre testamento di Gian Galeazzo Visconti e venne a conchiudere, dopo acuta disamina, che quel testamento fu rogato da Giovanni de Oliariis, principale rogatario, e da Andriolo de Arisiis, rogatario in sottordine, tra il 26 novembre 1399 e il 30 giugno 1400, e ciò contro quanto ebbe ad affermare l'Osio che l'attribuì al 1397.

I registri inventariati sono diciassette: i primi otto appartengono a Catelano de Christianis (il primo e il secondo sono copiari, il terzo copia di copiario, il quarto, il quinto e il sesto copiari, il settimo e l’ottavo breviari), e susseguentemente due a Donato de Cisero de Herba (copia di imbreviature), tre a Gian Francesco Gallina (breviari), due a Lorenzo de Martignonibus (copia di imbreviature), e gli ultimi due sono fascicoli cancellereschi, e perciò di natura affatto diversa sebbene anche questi racchiudano atti di grande importanza. Sono registri originali dell'epoca viscontea i cinque copiari di Catelano de Christianis, i quali appartennero alla cancelleria dei Visconti; sono formati di fascicoli pure dell'epoca viscontea, ma riuniti insieme a registro in un tempo posteriore, i breviari del medesimo e quelli di Gian Francesco Gallina; sono copie di imbreviature i notarili eseguite al tempo di Francesco Sforza quelli che recano gli atti di Donato de Cisero de Herba e di Lorenzo de Martignonibus; e dei secolo XVI la copia del copiario, oggi perduto, di Catelano de Christianis. Va notato inoltre che Catelano de Christianis e Gian Francesco Gallina furono notai e segretari di corte e rogarono esclusivamente pel duca; furono invece notai pubblici e rogarono contemporaneamente per la corte e per i privati Donato de Cisero de Herba e Lorenzo de Martignonibus.

I diciassette registri contengono complessivamente ben 1566 atti che vanno dal 1372 al 1447. Ad ogni registro si premette la rispettiva descrizione, e di ciascun atto, ogni data di tempo e di luogo, vien dato un breve ma compiuto sunto, senza trascurare gli atti inserti, riproducendo, quando non erano monchi od errati, i titoli quali erano nel registro, formandoli in lingua italiana negli altri casi. Per la forma diplomatica gli atti contenuti nei registri, anche quando sono redatti da notai di corte, non si allontanano dagli atti notarili fra privati, coi quali hanno in comune, tranne forse un’unica eccezione, lo stile "a nativitate", e l'incisione costantiniana. Segue in appendice la descrizione degli atti di tre copiari, oggi perduti, del notario Catelano de Christianis, dei quali sinora nessuno ebbe notizia. Il volume si chiude opportunamente con un indice cronologico e con un repertorio alfabetico. Riguardo alle indicazioni bibliografiche, per ciascuno dei documenti, il Manaresi credette bene di astenersi, perché tranne in casi sporadici, non avrebbe dovuto fare altro che ripetere sempre gli stessi nomi di L. Osio e di G. Romano.

Il volume, a differenza dei noti lavori dell’Osio, del Romano, e della Società Storica Lombarda aventi uno scopo storico, è d'indole essenzialmente archivistica, ed è di così evidente importanza che non val proprio la pena di spendere parole in proposito. Tutti coloro i quali hanno rapporti di studio col grande archivio milanese non potranno fare a meno di accoglierlo con soddisfazione, perché se faciliterà agli archivisti le ricerche interne, non sarà di minore utilità come guida agli studiosi, ai quali fornirà inoltre facile e copiosa messe di notizie. "A ben poco, scrive il Fumi, servirebbero gli archivi senza buoni inventari e questi, una volta fatti, a pochi giovano se non vengono resi di pubblica ragione". Tanto più utile ne sarà la divulgazione, quanto meglio varrà sia a fornire i dati sicuri della consistenza totale delle serie, come cogli inventari sommari o generali, sia a riassumere i titoli o la sostanza degli atti singoli, come con gli inventari descrittivi e gli analittici". Pertanto questo primo volume della serie dei Regesti e Inventari ci fa vivamente desiderare agli altri aventi con esso relazione: in tal modo avremo la pubblicazione sistematica degli avanzi dell'archivio visconteo, opera archivisticamente buona e di grande vantaggio agli studi.

Dal 1908 vi è nel Palazzo del Senato una silenziosa e fervida operosità di riordinamento del vasto materiale colà accumulato, applicandovi il principio scientifico delle provenienze. Si tratta, in altre parole, di far ritornare le carte nelle loro serie originali, scomposte coll'arbitrario sistema peroniano, come vuole la ragione storica. Lavoro lungo, paziente, irto di difficoltà che richiede gran cautela e particolari cognizioni, per non dover poi, in dati casi, rifare un lavoro già fatto. Certamente che il sistema peroniano, colle sue classi artificiali e colle sue voci copiose, dà a prima vista il senso di una pronta e facile praticità nell’uso quotidiano delle ricerche, ma è un'illusione perchè ha il gravissimo ed insanabile difetto di aver scompaginato i fondi orjgìnari, dove le carte si richiamano e si illustrano a vicenda.

Le carte così distaccate vengono a perdere il nesso logico coi loro correlativi, potendo riuscire talvolta a dare di un fatto un concetto monco od errato, mentre è soltanto su una completa ed esatta conoscenza delle fonti che si fondano gli studi storici, che non vogliono essere facili ed incompleti articoli di notizie o di curiosità storiche e genealogiche. Perciò siamo convinti che il sovrintendente Fumi, assecondato da un'eletta schiera di valenti collaboratori, lascerà nell'Archivio di Stato in Milano un'orma di vera e duratura benemerenza.

R. BERETTA.